ICONOGRAFIA DEL VOLTO DI CRISTO
BEATO
ANGELICO Cristo coronato di
spine. 1450 c.
Livorno Museo Civico
Nel cuore dell'impero, a suo modo
tollerante di ogni importazione del divino, la rappresentazione di un giovane
ebreo crocifisso come icona dell'adorabile Dio, indicato come il Figlio
prediletto di una generazione eterna, era un gesto difficile. In certo qual
modo era proprio la fede che lo tratteneva, quel gesto, per non esporre il
mistero al fraintendimento dell'immagine" (P.Sequeri, L'invisibile e l'icona
in "Luoghi dell'Infinito" p 5, marzo 2010).
L'ostensione
della Sindone a Torino, ripropone la visione dell
"L'uomo della Sindone" nel cui martirio si riconosce quello di Gesù come
narrato dai racconti evangelici. Il
telo infatti ci trasmette l'immagine di un volto martoriato ma nobile e pieno
di significato nel suo silenzio, di cui nessuno sino ad ora ha saputo spiegare l'origine.
Di Gesù
non si conoscono ritratti, d'altra parte i primi cristiani che vivevano l'effervescenza degli inizi nella luce del Risorto, non avrebbero avuto bisogno di immagini a sostegno della loro fede in Cristo. Clemente
d'Alessandria infatti, affermava che l'immagine del Figlio di Dio doveva essere visibile nella vita dei cristiani e nelle loro virtù, non nelle raffigurazioni.
L'arte dei primi cristiani condizionati
dall'aniconismo mosaico ha potuto trasmettere solo la raffigurazione simbolica
di Cristo: l'agnello, l'albero. Il pesce,
il monogramma e,
ad influsso delle forme classiche
nei primi tre secoli, la raffigurazione di un giovane dalla bellezza ideale, apollinea: il Buon
Pastore, di Orfeo, del Maestro docente. O la stupenda l'immagine splendente di
luce "Sole che sorge a rischiarare
quelli che stanno nelle tenebre". (Lc. 1, 78) del "Cristo sole" (II-III secolo del Mausoleo dei Giuli degli scavi Vaticani); l'immagine del
Risorto
Nel IV secolo qualcosa cambia radicalmente. Con
le definizioni dei primi Concili tra IV e V secolo sulla realtà
dell'Incarnazione anche il rifiuto immagini si placa: se Dio è entrato nel
mondo facendosi uomo, allora l'immagine
non è più proibita, si può rappresentare. Dall'incubo idolatrico dell'Antico
testamento si passa all'arte come narrazione visiva dell'incontro con un volto.
"Proprio la fede percepì che il gesto (la raffigurazione) non poteva - non
doveva - essere trattenuto. Il tema della rappresentazione del volto del
Signore ha così incominciato a dispiegare una storia lunga e complessa"
(P.Sequeri)
Compaiono nelle
catacombe e nelle basiliche, dipinti e mosaici col volto di Cristo, in
un'iconografia radicalmente innovativa che rimarrà praticamente invariata attraverso i secoli,
quella
comunemente
nota del Cristo barbato
certamente più aderente ad ogni verosimiglianza col volto reale di Gesù.
Nel cubicolo
del Leone della Catacomba di Commodilla del sec. V, l'immagine
di Gesù si colloca in una campitura, geometrica di stelle a otto punte, (quasi
a precorrere la volta stellata di Galla Placidia), tra l'a e w. Le
lettere greche richiamano le l'autoaffermazione di Cristo nell'Apocalisse "Io
sono l'Alfa e l'Omega, colui che è che era che viene, Io sono il principio e la
fine, l'Onnipotente (A1, 8;21,5-6) e diventano emblema della divinità di Cristo.
Quest'immagine in cui si ravvisano i tratti dell'Uomo della Sindone è realizzata con la tecnica che proviene dall'Oriente: colori forti e
vibranti, accostamento cromatico contrastante e tale da preannunciare la
ritrattistica bizantina. Un'altra immagine
richiama quei tratti sindonici nell'abside di Santa Pudenziana e nel Cristo
tra Pietro e Paolo della Catacomba dei Ss. Pietro e Marcellino. Sono le prime raffigurazioni di quel Volto. Un'iconografia
alla cui affermazione potrebbe aver contribuito non solo l'influenza del costume
ellenistico, ma anche - con la libertà
costantiniana - l'esposizione del mandyllion,
il telo sindonico che diventa come l'archetipo di gran
parte della tradizione iconografica del Cristo.
Lo studioso Werner Bulst (W.BULST, 1991), ipotizza infatti che il mandyllion,
nascosto nei tempi di clandestinità, e tradizionalmente ripiegato in modo da
mostrare solo il volto, venisse esposto
a Costantinopoli e poi ad Edessa, e nel vessillo imperiale, determinando la diffusione di quell'immagine che rimarrà
sostanzialmente invariata attraverso i secoli: dai mosaici delle basiliche all'arte
delle icone, al Cristo in maestà, al
Pantocratore romanico che appare, nei
catini absidali delle basiliche, seduto sul globo o circondato dalla mandorla
iridata tra i simboli degli Evangelist
Sorprendente è il drammatico Cristo coronato di spine del Beato
Angelico (1930-35, Livorno) che riproduce le più significative
caratteristiche del volto sindonico, evidentemente noto al pittore.
Il telo di lino, nel quale Giuseppe d'Arimatea,
membro del sinedrio, ha avvolto il corpo di Gesù, è citato da Luca 23,53; Marco
15,46, Matteo 27,59, dopo la Risurrezione venne conservato da apostoli e
discepoli, ma di nascosto, a motivo della proibizione ebraica di toccare cose
che, venute a contatto con un cadavere, rendevano impuri.
Della storia della Sindone sino al sec XIII è possibile solo
seguire tracce ipotetiche: il percorso da Gerusalemme ad
Edessa nel V secolo, la citazione di
Giovanni Damasceno nel 700 c., il trasporto a Costantinopoli nel sec. X dove
sarebbe rimasta alcuni secoli. Si sono formulate tante ipotesi e supposizioni
sull'origine di quell'impronta sino a ricorrere all'opera di Leonardo da Vinci,
(ipotesi insostenibile cronologicamente infatti nel sec. XV la Sindone era già
nota). Ci sono documenti significativi: nel Codice di Pray, un pergamenaceo
del sec XII, oggi conservato nella Biblioteca Nazionale di Budapest, una
miniatura mostra il telo sindonico la cui figura appare nell'atteggiamento
presentato dal lenzuolo di Torino; del telo si parla in una cronaca del 1204
che lo dice presente a Costantinopoli, mentre una notizia del 1205, lo indica
presente ad Atene. Nel sec XIV il telo compare a Lirey in Francia; in seguito le sue vicende storiche sono
documentate sino all'arrivo a Torino, tramite i Savoia.
Questo telo, tradizionale immagine della crocifissione di
Cristo, non è oggetto di fede e lascia il margine per l'accettazione e la non
accettazione. La Sindone ci fa
riflettere su Quel volto sfigurato nel segno dell' amore che si fa dono; icona della sofferenza dell'innocente di
tutti i tempi. Un volto nel quale riconosciamo Gesù che, nel momento della
Risurrezione ha donato quell'impronta sconvolgente.
Bibliografia
P.Sequeri, L'invisibile e l'icona in "Luoghi dell'Infinito" p 5, marzo 2010).
PIERLUIGI BAIMA BOLLONE - Il mistero della Sindone - Borgaro
Torinese 2006
Da FOGLIO DI
COLLEGAMENTO Informa Cristo ottobre 20010